"Non chiedetevi dove andremo a finire, perchè ci siamo già." - Ennio Flaiano
La democrazia è causa oppure effetto dello sviluppo?
Questa domanda ha attraversato il corso dei secoli, fino ad arrivare ai giorni nostri. Può sembrare banale chiedersi se sia l'economia a generare la democrazia oppure il contrario, ma è una questione più concreta di quanto non appaia. L'impostazione da preferire è quella socratico - aristotelica, secondo cui la democrazia è un pre-requisito dello sviluppo economico.
La democrazia è un bene fragile e non può essere dato per scontato in modo definitivo. La sua difesa non può essere delegata solo al ceto politico, perché una democrazia politica non è sostenibile se non si accompagna a una democrazia economica con la partecipazione vigile e attiva della società civile, dei cittadini, evitando un fiume carsico di discorsi, dibattiti, relazioni, conferenze o chiassosi cortei, rivelatisi a volte privi di veri contenuti ed evitando, altresì, quelle appaganti manie di protagonismo a tutti i costi, costi quel che costi.
Dobbiamo convincerci che la politica non è una dimensione facoltativa, non è una "cosa" tra le tante di cui non si è obbligati di occuparsi perché appare lontana, incomprensibile, parziale. Le democrazie senza rendersene conto, si avviano a situazioni pericolose, a occulte trasformazioni che le snaturano se non c'è un’incalzante partecipazione popolare. Le istituzioni non sono dei totem sacri, ma nemmeno un giocattolo con cui trastullarci fin tanto che non ci si annoia.
Anche con le candidature non si può giocare.
Non è positivo usarle come una medaglietta in più sulla divisa della popolarità. La caccia a nomi attraenti e noti ha senso se è una cosa seria. Non è una moda per vip di ogni taglia. La democrazia ha più bisogno di persone e programmi che di personaggi ed emozioni.
Si assiste a una concezione neo-prefettizia, tra la Roma antica e il Napoleonico, una sorta di spartizione neo-coloniale che si estende dagli enti locali ai collegi parlamentari. La democrazia è troppo importante perché se ne trascuri l'esercizio e il controllo, per permettere che qualcuno la deformi in gioco di potere e di spettacolo o anche, nei centri minori, di piccolo dispotismo mascherato con il paternalismo.
Compito preciso della politica dovrebbe essere la capacità di costruire una scienza della convivenza, per mettere in rapporto armonico e progettuale azioni comuni ed efficaci, vissuti, aspirazioni, pensieri. Si deve recuperare l'aspetto morale della politica che oggi è diventata occupazione di molti e vocazione di pochi. La politica non è una dimensione facoltativa ma è dentro lo statuto dell'esistenza umana.
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