sabato 29 novembre 2008

La sfida

In Italia il voto è sempre più "mobile".
La competizione ha cambiato le regole sfidando i tabù; i partiti hanno perso contatto con il Paese reale. La democrazia ha bisogno di consenso, la competizione ha bisogno di stabilità, i partiti hanno bisogno di gambe solide, sulle quali far camminare idee e progetti.
E' tempo ormai che la politica si impegni per superare il dualismo machiavellico tra il "discorso della piazza" e il "discorso del palazzo", perché se partiti e società si rendono reciprocamente impermeabili, suona un campanello d'allarme per la democrazia tout-court.

Il nostro Paese oggi rivela inquietudini di varia natura e non percepisce più in modo nitido la traiettoria del proprio futuro.
I partiti tendono sempre più a strutturarsi secondo meccanismi di affiliazione, piuttosto che promuovere il confronto e la libera partecipazione dei cittadini.
Lo sforzo di generare anticorpi per una politica troppo mediatizzata e priva di ancoraggi duraturi con il territorio, va compiuto impiegando ogni lecita risorsa.

La sfida da raccogliere consiste nel contaminare la società politica con culture, saperi, interessi e valori che altrimenti rischiano di essere confinati in un sociale percepito un po’ asfittico e autosufficiente. C'è bisogno di donne e uomini più attenti e sensibili alle questioni sociali, più capaci di individuare i problemi veri della gente, più concreti, più disposti ad ascoltare gli altri, per intraprendere la strada che porta all'unità, alla compattezza interiore, che rende gli uomini atti a compiere imprese impossibili.

Un po’ come all'indomani della battaglia di Canne, quando i romani persero in un solo giorno un esercito di centomila soldati e Annibale sembrò avere in pugno il loro destino. Un solo uomo, anzi un giovane ventiquattrenne, Scipione, ebbe fiducia nel riscatto di Roma. Per quel solo uomo l'esercito si ricostruì e quella civiltà visse, per poi diventare un impero immortale.
Al contrario, la storia ci fornisce numerosi esempi di Nazioni e grandi civiltà, ad esempio quella dell'antica Grecia, di limitata longevità.
La ragione di queste morti premature è sempre la stessa: la mancanza di visionari luminosi, sognatori pragmatici, persone integre, che sono il sale della terra.
E ci vuole sale per la nostra insipida società.

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