giovedì 20 novembre 2008

Prospettive

La democrazia ha molti nemici in agguato tra le quinte; politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole, ma il cui intento reale è tutt'altro: populista, di manipolazione mediatica, intollerante ed autoritario. Anche il capitalismo del consumo ha avuto forte impatto sulla natura della nostra democrazia.

Il modello improntato al "lavora e spendi", rende la nostra società forse più ricca in termini di comfort ma certamente più povera in termini di tempo disponibile. L'autoreferenzialità dell'individuo e della famiglia, l'aumento delle ore passate davanti al video e la dipendenza, in termini comportamentali, dalla televisione si sono combinati a produrre una straordinaria passività e disinteresse per la politica che, ove sopravvive, è diventata mediatica e della personalità, da vedere più che da vivere.

Lo stato di quiete nel quale è caduto l'uomo moderno è dovuto ad una mancanza di prospettive che determina una vera e propria disperazione.
Sosteneva F. Fergnani nel 1978 in Presentazione a J. P. Sartre: "l'uomo moderno è disperato perchè è solo, non dispone di ancoraggi sicuri, non può sperare e contare su niente in cielo e terra, che fondi totalmente la validità delle sue imprese e ne garantisca il compimento positivo".
Quella che stiamo vivendo è una società transizionale, caratterizzata da una forte tensione per affermare la soggettività individuale in un sistema sociale che diventa sempre più frammentario, impersonale e complesso. Ma le irruenze del soggettivismo tendono ad evadere, a cancellare problemi come quello della giustizia, del limite all'individualismo, della solidarietà.
In tutto questo si inserisce l'elemento della competitività.

Le società transizionali fanno crescere la competitività individuale, in assenza di progetti collettivi più forti. Il problema della giustizia allora si ripropone anche dal punto di vista dei comportamenti più spiccioli.
Il senso della vita viene offerto nel suo aspetto di rincorsa delle possibilità, delle opportunità che vanno conquistate non secondo giustizia e neanche secondo merito, ma secondo l'abilità di destreggiarsi all'interno della competizione.

Le fasi transizionali come quella che stiamo vivendo denotano anche una certa tendenza a segmentare i comportamenti stessi a seconda degli ambienti. Il comportamento è spezzato, si percepisce e si vive la realtà in isole, in zone circoscritte, tutto in una sorta di nomadismo che può trasformarsi in vagabondaggio, specie in politica.
Così, in assenza di obbiettivi sociali più forti e responsabilizzanti, riusciamo a vivere momenti di unità e coesione solo spinti dalla paura di imminenti catastrofi economiche, belliche, ecologiche, reali o immaginarie che siano.

E' di sicura attualità il pensiero di John Stuart Mill, vissuto nell'epoca vittoriana, il quale sosteneva che i cittadini " devono badarsi su ciò che sono capaci di fare in prima persona, separatamente o di concerto, piuttosto che su ciò che gli altri possono fare per loro".
In pratica dobbiamo sforzarci di essere attivi, critici e capaci di esprimere autonomia e autodisciplina. Mill aborriva chi "lascia al mondo o alla parte del mondo in cui vive il compito di scegliere in sua vece il progetto, che non ha bisogno di altre facoltà se non l'imitazione, la facoltà delle scimmie". Questo pensiero si attaglia perfettamente alla nostra società, basata com'è sulla sottomissione al consumo di massa e alla dilagante passività nella sfera pubblica.
Riconnettere la politica alla società, per superare un distacco che è percepito come un abisso; questo è il traguardo da raggiungere.

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